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“Mentalità eutanasica ricompresa nella cultura abortista”

«La raccolta delle firme per il referendum sull’eutanasia è un’altra nube scura che i radicali fanno piombare sul nostro Paese».

Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la vita italiano, prende posizione all’indomani dell’annuncio del raggiungimento del quorum nella campagna che mira a depenalizzare il reato di omicidio del consenziente.

«Purtroppo non c’è da stupirsi – prosegue Casini Bandini – visto che la mentalità eutanasica è già tutta ricompresa nella cultura abortista. Si tratta sempre di negare il valore della vita umana nell’estrema fragilità».

Sono i due poli dell’esistenza, l’inizio e la sua fine terrena, a essere sotto attacco. Come ha notato Francesco Ognibene (Avvenire, 19 agosto) la rapidità con cui si è giunti al traguardo delle 500 mila firme necessarie è dipesa anche dalla chiarezza dello slogan che fa da sottofondo alla campagna referendaria: ‘Liberi fino alla fine’ che è «la parola d’ordine di questa epoca. Un’idea guida potente e chiara, comprensibile a tutti, perfetta sintesi di certo spirito dei tempi, un concetto che suona familiare in modo speciale ai più giovani: niente e nessuno può limitare la propria libertà, a maggior ragione quando riguarda le decisioni su sé stessi. L’individualismo che sgretola il senso di appartenenza a una comunità governata da limiti, princìpi, regole e doveri ha affermato il dogma del diritto illimitato di scegliere rimuovendo ogni possibile vincolo».

È su questo versante che si misura la profondità della frattura che in questi decenni il mondo secolarizzato ha prodotto rispetto al senso etico e morale

che permeava non solo le società cristiane,

ma la stessa convivenza umana e civile e che già nel 1965

la Gaudium et spes sottolineava come possibile deriva:

«Tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario […] ledono grandemente l’onore del Creatore».

Oggi assistiamo con sgomento e impotenza a una propaganda fondata sul giovanilismo e il salutismo che marginalizza i più fragili e guarda al qui e ora: la vita non è più un dono, ma una delle possibilità offerte all’onnipotenza dell’uomo. In un comunicato (18 agosto)

la Conferenza episcopale italiana ha espresso grave inquietudine, ricordando che

«chiunque si trovi in condizioni di estrema sofferenza va aiutato a gestire il dolore, a superare l’angoscia e la disperazione,

non a eliminare la propria vita.

Scegliere la morte è la sconfitta dell’umano, la vittoria di una concezione antropologica individualista e nichilista

in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali.

Non vi è espressione di compassione nell’aiutare a morire».

È la linea già espressa dalla Congregazione per la dottrina della fede nella Samaritanus bonus:

«Il valore inviolabile della vita è una verità basilare della legge morale naturale ed un fondamento essenziale dell’ordine giuridico».

Sopprimere un malato che chiede l’eutanasia non significa «riconoscere la sua autonomia e valorizzarla» ma al contrario significa «disconoscere il valore della sua libertà, fortemente condizionata dalla malattia e dal dolore, e il valore della sua vita». Così facendo si «decide al posto di Dio il momento della morte».

Diventa allora più che mai necessario reagire con la preghiera affidandoci a Maria, Madre della Chiesa, affinché risvegli le coscienze di coloro che sono chiamati a decidere.